Estate: stagione propizia per i book lover

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Dicono che l’estate sia la stagione ideale per le grandi letture. Quell’orizzonte mitico dove si proiettano le nostre buone intenzioni di aspiranti lettori forti. Aspettiamo ogni anno l’estate con il proposito di rifarci delle letture perdute e aprire finalmente un romanzo che valga la pena di essere letto. Al mare o in montagna, ma anche in città, la lettura estiva rimane un appuntamento fisso per i book lover. E per fortuna! Perché in Italia le statistiche riportano che si legge sempre meno e che in molte case sono addirittura sparite le librerie per far posto a immensi megaschermi. Pensate, in un anno il 56,5% degli italiani non arriva a finire nemmeno un libro! In alcuni casi fa bene, perché la sciatteria e la mediocrità dei libri pubblicati sono ogni volta più evidenti. Provocatoriamente mi verrebbe da dire che non sono nemmeno libri, ma residui di lavorazione di una società ciarliera e vanesia che ha perso il gusto, il piacere di leggere per davvero. Allora mi chiedo, è possibile immaginare un mondo senza la lettura? Beh, se i libri pubblicati sono libri di tutti e su tutto, libri di nulla, direi di sì. Ma se i libri ci aprono la mente, ci mettono in condizione di esplorare la natura umana, la bellezza ardita della lingua letteraria, allora la mia risposta è no. Ecco perché, approfittando della lentezza dei caldi pomeriggi di questa estate sanpaolese, ho riletto I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, nella scorrevole e fluida traduzione di Agostino Villa. Non lasciatevi spaventare dalla lunghezza del tomo, le pagine scorrono, lasciando il lettore immerso nella narrazione. Pubblicato a puntate sul «Russkij Vestnik» («Il messaggero russo») tra il 1879 e il 1880, I fratelli Karamazov ha una trama articolata, piena di colpi di scena, di suspense e di cambiamenti repentini. La colpa, l’accettazione della sofferenza, la ricerca dell’amore universale, la libertà di scelta, l’esistenza di Dio sono i temi fondamentali attorno a cui si muove il romanzo. L’opera, divisa in dodici libri e un epilogo, è dunque la sintesi del pensiero dostoevskiano ed è, naturalmente, un grande romanzo polifonico con al centro la figura imponente del padre Fëdor, libertino e dissipatore, e dei suoi tre figli legittimi: Dmitrij, Ivan, Alëša e di uno illegittimo, Smerdjakov. I quattro fratelli costituiscono una sorta di unità morale, una personalità collettiva di cui ognuno rappresenta un aspetto: la passione, la ragione, l’amore cieco, la follia. Sono personaggi capaci di riunire in sé tutti i contrasti possibili. Per dirla con le parole di Michail Bachtin, uno dei massimi pensatori del ventesimo secolo, queste creature sono capaci di contemplare l’abisso dei supremi ideali e quello della più abietta e fetida degradazione. Sono voci che rivelano la multiformità della vita e la complessità dell’animo umano. A questo punto qualcuno potrebbe dire che c’è troppa accademia dietro le mie parole, ma, vedete, essere book lover non è un’etichetta vuota, ma uno stile di vita, spesso scomodo (i libri pesano!), ma che di certo regala spazi mentali comodi e confortevoli dove rigenerare il pensiero, perché grazie alla lettura si mette in luce quel misterioso momento dialettico tra autore e lettore.

Vi saluto augurandovi un buon finale d’estate e un settembre pieno di nuove letture e nuove idee. Al prossimo caffè!

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