Note di storie: la leggenda di Tiati

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Le leggende sono una forma di racconto viva e in continua evoluzione capace di affascinare e ispirare generazioni di ascoltatori e ascoltatrici: nel momento in cui sono percepite come tali, qualunque sia la loro vera origine, esse non esistono che raccontate in una narrazione. Ed è per questa ragione che le si assegna un’origine sovrannaturale, perché estendono lo spazio del pensabile. Sono crocevia di itinerari possibili, colti sempre indirettamente e in modo incompleto attraverso tracce, indizi, suggestioni. 

Cari amici e care amiche,
come saprete domenica 17 novembre 2024 si è svolta nel nostro Comune, presso il Chiostro del Museo Civico, una delle tappe della prima edizione del festival Madreterra Fest. Viaggio tra sapori e tradizioni di Capitanata. La manifestazione, finanziata da Pugliapromozione, ha coinvolto, oltre ai Comuni di San Severo e San Nicandro Garganico, anche quello di San Paolo di Civitate. Qui sono state organizzate varie attività tra cui laboratori di ceramica, visita immersiva al Museo, degustazioni di pietanze riconducibili alla cultura del popolo dauno. La tappa sanpaolese si è conclusa con Note di storie: la leggenda di Tiati, un reading musicale originale, scritto e interpretato dalla sottoscritta con la preziosa e pregevole collaborazione alla parte musicale della violoncellista Michela Celozzi cha ha saputo ricreare con la sua arte uno spazio sonoro evocativo molto suggestivo.

Alla fine del reading, sollecitata dalle richieste di vari compaesani che volevano avere il testo come ricordo, ho pensato di condividerlo con tutti e tutte voi attraverso la sua pubblicazione sul portale della DeSaLeo.org.

Note di storie: la leggenda di Tiati di Yvonne Grimaldi

Nell’antica terra di Puglia, laddove il sole bacia le morbide colline della Capitanata e i venti marini portano con sé racconti d’oltremare, l’eco di una di quelle leggende è giunta fino a noi come un sussurro fatato.

Era un tempo lontano, dove il confine tra mito e realtà era tanto sottile da essere invisibile. Gli Dei camminavano ancora tra gli esseri umani e le creature magiche trovavano rifugio nelle ombre degli ulivi millenari. In quel tempo lontano, dunque, quando l’Alto Tavoliere era una distesa di colline verdi e cieli azzurri, vivevano due tribù: i Dauni e i Peuceti. Questi popoli veneravano la natura e traevano forza dagli elementi, costruendo villaggi che rispettavano il vento e la terra, il fuoco e l’acqua. Tra le città, spiccava Tiati, la perla della Puglia. Gli anziani raccontavano che Tiati fosse stata edificata non da esseri umani, ma dagli stessi spiriti della natura e che il suo nome fosse stato pronunciato dagli Dei con la solennità di una formula magica.

La leggenda narra che una notte un’antica dea della Terra, la possente Mātrēs, apparve in sogno ai capi dei villaggi della regione. Vestita di luce verde, aveva il volto segnato dal tempo e la voce profonda come le radici di un albero millenario. Parlò loro di una città che avrebbe unito tutti i popoli sotto una sola stella, un luogo dove la magia della natura e la forza degli esseri umani sarebbero diventate una cosa sola. Il suo nome sarebbe stato Tiati, una città nata dall’incontro tra cielo e terra, dove gli esseri umani avrebbero trovato saggezza e prosperità.

All’alba, i capi raccontarono la visione ai loro sudditi, e tutti si radunarono sul versante meridionale del fiume Fortore, a pochi chilometri dalla sua foce nell’Adriatico, proprio dove la dea aveva indicato. Per segnare il luogo, Mātrēs aveva piantato un seme d’oro che subito germogliò, trasformandosi in un albero maestoso con rami che sembravano braccia tese verso il cielo e radici così profonde da collegare la terra agli inferi. Era l’Albero della Vita, un albero potente e rivelatore, attorno al quale avrebbe trovato posto il cuore di Tiati.

Ogni tribù portò i suoi doni: i Dauni, maestri dell’argilla, modellarono statue di animali e divinità protettrici; i Peuceti, guerrieri fieri e leali, innalzarono mura di pietra robusta e posizionarono torri che potessero vegliare sul territorio. Per molte notti furono intonati melodie di canti ancestrali, invitando i venti e le piogge a benedire la terra di Tiati.
Qualcuno raccontò che, in quelle notti, gli spiriti della natura ballassero attorno all’albero, rendendo sacro il luogo.

La città crebbe florida e divenne nota per la sua fertilità, per la forza dei suoi guerrieri e il buonsenso dei suoi saggi. Ogni anno, durante il solstizio d’estate, la popolazione si riuniva attorno al grande Albero della Vita per celebrare la pace e il dono dell’acqua.
Con il tempo, Tiati divenne un luogo di concordia e prosperità, e la sua storia si diffuse in tutto il Mediterraneo. I popoli vicini iniziarono a chiamarla “La Città della Dea”. Molti intrapresero lunghi viaggi per recarsi sulle rive del Fortore e portare offerte all’Albero della Vita, pregando per protezione e abbondanza.

Passarono i secoli, e Tiati si trasformò in San Paolo di Civitate, ma la sua essenza rimase intatta. Ancora oggi, si racconta che nelle notti di luna piena, se si cammina tra le antiche colline, è possibile sentire il canto della dea Mātrēs e il sussurro dell’Albero della Vita provenire dall’acqua del fiume, come se la voce della dea risuonasse ancora tra i fruscii del vento a proteggere il suo popolo e la sua amata Tiati: un luogo sospeso tra storia e mito, tra sacro e profano.

Vi saluto ricordandovi che il caffè e la lettura sono fatti l’uno per l’altro, la loro relazione migliora ogni giorno la nostra vita! Alla prossima!

 

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